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giovedì 7 novembre 2013

Sant'Anna e Normale: le mani sulla città

In questi giorni si riapre il dibattito sul blocco del turn-over, previsto dalle leggi Gelmini sull'Università, il cui limite è fissato al 20% delle risorse rientrate da pensionamenti e cessazioni dell’anno precedente.
Il 17 ottobre è stato pubblicato il DM che riguarda la ripartizione dei Punti Organico per l'anno 2013 ed è subito balzato agli occhi il fatto che alcuni atenei hanno un incremento sino e oltre il 200% dei loro punti mentre altri non raggiungono neanche la soglia del 20%.
In cima alla lista degli atenei che hanno praticamente raddoppiato l'assunzione del personale per l'anno prossimo troviamo la Scuola Superiore Sant'Anna e la Scuola Normale, entrambe di Pisa.
Subito sotto troviamo altri atenei prestigiosi del centro-nord. Decisamente più in basso compaiono gli atenei del centro-sud: tra i più penalizzati la Federico II di Napoli e l'università di Bari che non arriveranno neanche a coprire il 10% dei punti organico nel 2013.

Com'è potuta darsi una disparità così eclatante?
Dal 2012 è stata introdotta una disciplina per il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio degli atenei, un indicatore per assicurare la sostenibilità e l’equilibrio della gestione economico-finanziaria e patrimoniale delle università (ISEF). Questa disciplina valuterà il “merito” di ciascun ateneo e in base a ciò verranno erogati i premi stanziati dal Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO).
A ciò si aggiunge sia la spending review di Monti per la quale il turn over viene calcolato sul sistema delle università italiane nel suo complesso e non sulla base delle cessazioni di ogni singolo ateneo, sia il fatto che, nell'ultimo DM sia sparita la clausola di salvaguardia il cui scopo era quello di evitare squilibri troppo eccessivi. La ministra Carrozza, proveniente dalla scuola d'eccellenza Sant'Anna, durante la stesura di questo DM ha avuto una leggera svista senza la quale sarebbe stato impossibile che la sua vecchia scuola fosse “premiata” così lautamente.
L'indicatore del “merito” degli atenei non tiene assolutamente conto della qualità della didattica e della ricerca ma è un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria ed è solo questo il piano su cui verte la competizione.
La nostra università non è virtuosa e meritevole né per i canoni del ministero né per i canoni degli studenti che mostrano una sempre più evidente insoddisfazione per l'impoverimento dell'offerta formativa e dell'offerta di servizi.
Il DM sui punti organico e le misure della spending review costituiscono il dispositivo che regola due processi complementari nei quali si sintetizzano le politiche di promozione dell'eccellenza sul nostro territorio. Da un lato l'impoverimento formativo dell'università di Pisa, da noi vissuto quotidianamente e fatto di definanziamento, graduale dismissione e sbarramento all'accesso; dall'altro lato, di converso, la promozione di un investimento nei centri d'eccellenza verso i quali viene pure dirottata la svendita di patrimonio immobiliare pubblico e con essa il rafforzamento della rendita in città. La Conferenza Università Territorio del 21 ottobre ha infatti palesato la volontà di spartizione del patrimonio pubblico cittadino tra questi due centri d'eccellenza – Sant'Anna e Normale - che, con tanto di cartina della città alla mano, segnalavano gli immobili di loro interesse, tra cui l'albergo comunale di Santa Croce in Fossabanda, attualmente agibile ma vuoto. Questo stabile è stato proposto come possibile soluzione alla mancanza di posti alloggio del DSU. Ma l'amministrazione comunale non prende neanche in considerazione quest'opzione perché – dice il sindaco - “abbasserebbe il valore dell'immobile” il quale dunque sembra vicino a essere ceduto ai centri d'eccellenza o agli speculatori russi.

Mentre nella maggior parte degli atenei italiani non si potrà più assumere personale sufficiente a soddisfare i bisogni formativi degli studenti e verranno svenduti i patrimoni immobiliari pur di far cassa e recuperare liquidità, la scuola Sant'Anna e la Normale, grazie a un turn-over drogato, si ritireranno dalle aule dell'università di Pisa internalizzando i corsi che precedentemente condivideva con questa.
Si produce così un'ulteriore frattura nel corpo sociale studentesco diviso tra corporativismo
d'eccellenza e crescente esclusione. Questa frattura chiede di essere ribaltata a partire dalla
riconquista collettiva del patrimonio immobiliare pubblico destinato alla valorizzazione delle sole eccellenze cittadine contro i nostri bisogni.

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